Tra i commenti della news di ieri (non solo in questo blog ma anche sui vari social, meetup, etc.) mi sono reso conto di gente che tra sé e sé snobba per diversi motivi quanto da me dichiarato. Tralasciando chi giustamente scivola sul pregiudicare la veridicità delle mie affermazioni in base all’ideologia politica, che per definizione non può essere oggettiva, molti sottolineano che mi limito passivamente a criticare senza proporre alternative…
Con questo post intendo raccontarvi dal principio cosa ne penso della democrazia nell’era digitale e come secondo me dovrebbe essere utilizzata ed implementata. Non parlerò nello specifico di Liquid Feedback, né di Airesis, né di Vilfredo goes to Athens, né del Parlamento Elettronico, Nè di Wasa2il, né di SiCambia o di qualsiasi altra piattaforma attualmente esistente. Proverò a spiegarvi quale credo potrebbe essere la soluzione migliore dal punto di vista prettamente funzionale, e perché. Ovviamente si tratta di pareri personali, frutto della mia esperienza nel Partito Pirata (che ho lasciato) e di altre sperimentazioni a tempo perso.
Premessa per chiunque: sì, sono pippe mentali.
Nella e-democracy che vorrei, l’atmosfera deve essere esattamente come il sig. Barilla l’ha voluta comunicare in questa foto. Sia chiaro, non parlo di una e-democracy “tradizionale” che discrimini le altre: parlo di una democrazia virtuale che unisca e non divida.
Un posto dove tutti possano sentirsi a proprio agio nell’esprimersi su qualsiasi argomento, anche scottante, e dove si possano pacificamente creare delle discussioni che non ricadano nei flame e nelle minacce di morte.
Un ambiente dove tutti nel proprio piccolo possano fare la loro parte e contribuire, nei limiti delle proprie possibilità, proprio come quelli in bici che consegnano il pane caldo appena sfornato.
Una e-democracy dalla quale non scaturiscano estremismi di qualsiasi tipo, bensì idee e valori sani ed equilibrati.
Dove le minoranze non vengano emarginate e nemmeno integrate, bensì ascoltate e tenute in considerazione in maniera costruttiva e con rispetto.
Una cassaforte in grado di resistere a qualsiasi attacco esterno e di proteggere chi sceglie di rifugiarsi al suo interno, preservandone l’identità.
Un sito dove nessuno dorma e rimanga inattivo e per questo penalizzato rispetto agli altri, ma dove tutti sentano la necessità di essere partecipi per perseguire un obiettivo comune: quello di migliorare la collettività.
Chiedo forse troppo?
Decisamente sì, al momento siamo ben lontano dalla realtà. Da qualsiasi realtà esistente. Non per incompetenza degli sviluppatori, no di certo, bensì per via della psicologia umana e delle interazioni che avvengono.
Mi spiego meglio. Il nostro pensiero, il mio incluso e non lo nego, sono frutto di quello che siamo stati e di ciò che ci circonda. Sono frutto dei media, e di come ci vengono proposte le notizie. Ognuno assimilerà un determinato fatto in maniera differente rispetto agli altri e, vuoi per orgoglio, vuoi per testardaggine, qualcuno finisce sempre con il discuterne in maniera non pacifica. Forse per mancanza di educazione o di apertura mentale, che volete che vi dica. E’ la pura verità, e questo nessun software potrà mai cambiarlo.
Al massimo potrà assecondare il fenomeno. Ma qui sorge un altro problema di fondo: i programmatori non sono psicanalisti, anzi… sono esattamente l’opposto. Il risultato lo potete ben immaginare, ed osservare sul lungo termine in qualsiasi esperimento di intelligenza collettiva che abbia come soggetto l’uomo. Un patatrack enorme.
Il bottom-up di conseguenza non può esistere, perché parlando in termini informatici si tratta di un rapporto molti-ad-uno. Posso eliminare tutte le teorie che differiscono da quella finale in base a qualcosa di simile alla selezione naturale, oppure imporre una soluzione dall’alto, ma non sarà di certo il sistema a risolvere in autonomia e magicamente la nostra equazione. L’unica risposta che potrebbe fornire in questo caso sarebbe un controverso 42 che non ci aiuta minimamente. Posso mediare una soluzione intermedia nel tentativo di minimizzare lo scontento, ma che invece alla fine scontenterà tutti. O posso gettare la spugna, rassegnato.
L’unica soluzione c’è, e semplificherebbe la nostra analisi portando ad una relazione di tipo 1-ad-1 tra la base ed il vertice. E’ che tutti pensino alla stessa maniera, siano istruiti nella stessa maniera, si documentino tramite le stesse fonti. Ed è inutile che vi dica un simile pensiero malsano a cosa potrebbe tristemente portare, la storia dovrebbe averci già insegnato qualcosa e questo qualcosa non dovrebbe ripetersi. Soprattutto non come soluzione ad una utopia che rimarrà tale, per una e-democracy che serve solo come contentino o come specchietto per le allodole ma non a guarire la nostra sete di giustizia e di progresso.
L’alternativa? Mantenere tutti questi progetti di votazioni come tali, dei progetti, da sperimentare. E’ un argomento entusiasmante e delicato nello stesso tempo, soprattutto quando si hanno dei piccoli gruppi da utilizzare come cavie per il testing. Nel frattempo, chissà, potrebbe venirci qualche idea migliore per farci governare da gente palesemente disinteressata agli interessi del Paese.
Una soluzione sarebbe prendere coscienza del fatto che certi meccanismi totalmente antidemocratici sono così radicati da venire naturali a certe persone. E che democrazia non è sinonimo di populismo.
La democrazia stile “la ggente decidono su tutto, la ggente ghigliottinano i kattivi” non è democrazia.
P.S.
TORNA!!!!
Speravo in qualcosa di più costruttivo di banali saluti ^^
Un saluto a Lanta del Galeone.