So che sentivate la mia mancanza. Il blog era tutto solo, triste e sconsolato, dimenticato da tutti… ma ecco che Lanta, per vostra gioia, torna a scrivere un bel post prolisso e soporifero.
Il motivo?
Questo.
“Dichiarazione dei diritti di internet“, ci leggo in grassetto. Elaborato dalla Commissione per i diritti e i doveri in Internet costituita presso la Camera dei deputati, quella stessa commissione della quale avevamo già avuto modo di parlare in quanto il Partito Pirata non era stato invitato a prenderne parte.
Sinceramente, mi è salito il nazismo leggendo quel PDF. Invece di spalare merda come al mio solito, tuttavia, proverò a fare uno sforzo per analizzare in maniera costruttiva il documento sottolineando cosa non va e perché.
La prima frase che non mi torna, dal preambolo, è la seguente:
Questa Dichiarazione dei diritti in Internet è fondata sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona.
Capisco il senso con cui è stata impostata la frase, non ne apprezzo il risultato. Un ossimoro mal riuscito.
La seconda frase che suona male è proprio lì, subito dopo.
I principi riguardanti Internet tengono conto anche del suo configurarsi come uno spazio economico che rende possibili innovazione, corretta competizione e crescita in un contesto democratico.
Una Dichiarazione dei diritti di Internet è strumento indispensabile per dare fondamento costituzionale a principi e diritti nella dimensione sovranazionale.
John Perry Barlow, probabilmente, si sta rivoltando nel letto. Nel 96 scriveva, “Governi del Mondo, stanchi giganti di carne e di acciaio, io vengo dal Cyberspazio, la nuova dimora della Mente. A nome del futuro, chiedo a voi, esseri del passato, di lasciarci soli. Non siete graditi fra di noi. Non avete alcuna sovranità sui luoghi dove ci incontriamo.”
Ma andiamo avanti.
Nel primo pezzo, “riconoscimento e garanzia dei diritti“, nulla di nuovo rispetto a quanto già detto. Ancora una volta l’ossimoro uguaglianza-diversità, ma nel complesso non non mi dispiace a livello concettuale. Già si parla di un “bilanciamento con altri diritti” che mi fa pensare male.
Capitolo secondo, “diritto di accesso“:
Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.
Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete.L’effettiva tutela del diritto di accesso esige adeguati interventi pubblici per il superamento di ogni forma di divario digitale – culturale, infrastrutturale, economico – con particolare riferimento all’accessibilità delle persone con disabilità.
Utopistico, ma sensato. Qualcuno ha evidentemente intenzione di scorporare il business delle telco da Internet, di statalizzare tutto e subito, di svenarsi economicamente per informatizzare tutte le fasce della popolazione.
Sembra la classica propaganda grillina senza alcun senso o irrealizzabile. Fuffa.
L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda sistemi operativi, software e applicazioni.
Proposta di Lanta. Da domani tutti i sistemi basati su hardware ARM non potranno più connettersi ad Internet.
Punto 3, “neutralità della rete“.
Net neutrality nella sua forma più estrema, con abolizione totale del traffic-shaping e filtering, anche nel settore mobile. Nessuna considerazione sull’impatto che questo può avere su altri parametri vitali della connettività ad Internet, come la latenza ed il jitter: preparatevi quindi a non poter più usare Skype decentemente o giocare online perché il vostro vicino scarica contenuti 24h/24.
Interessante perché deciso, mi trova anche d’accordo sulla linea, ma va leggermente rivisto a livello meramente testuale e descrittivo.
E siamo al 4° pezzo, “tutela dei dati personali“.
Solita pappardella trita e ritrita sui contenuti delle normative europee già esistenti, ma specificano che tra i dati personali si considerano anche indirizzi IP e MAC:
I dati personali sono quelli che consentono di risalire all’identità di una persona e comprendono anche i dati identificativi dei dispositivi e le loro ulteriori elaborazioni, come quelle legate alla produzione di profili.
Anche qui, tendiamo all’estremismo. Buonissimo, eh, ma potrei pensare che nessun sito possa più memorizzarsi i miei IP e tracciarmi, o comunque sia tenuto ad eliminare tutto su richiesta: riuscirete a mantenere la parola?
Paragrafo n. 5, “diritto all’autodeterminazione informativa“. Basta il titolo a lasciarmi perplesso.
In realtà, sempre di tutela di dati personali e di normativa sulla privacy già esistente si tratta. Pochi elementi innovativi, forse nessuno.
E arriviamo al bello. 6, aka “inviolabilità dei sistemi informatici“.
Che per definizione non esiste, ma ok…
Senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, nei soli casi e modi previsti dalla legge, è vietato l’accesso ai dati della persona che si trovino su dispositivi personali, su elaboratori remoti accessibili tramite credenziali da qualsiasi elaboratore connesso a Internet o simultaneamente su dispositivi personali e, in copia, su elaboratori remoti, nonché l’intercettazione di qualsiasi forma di comunicazione elettronica.
Quali sono/saranno i casi previsti dalla legge? Non posso quindi accedere ai dati personali presenti in uno smartphone casualmente ritrovato per terra? Le intercettazioni di Vodafone, non essendo autorizzate da alcuna autorità giudiziaria nostrana né essendo una eccezione prevista da Legge, non sono più consentite? Xkeyscore?!?
Capitolo 7, “trattamenti automatizzati“.
Praticamente esclude la profilazione (trattamento automatizzato) come metodo che possa ripercuotersi sull’utente. Ma genericamente solo per un
atto, provvedimento giudiziario o amministrativo, decisione comunque destinata ad incidere in maniera significativa nella sfera delle persone
Concetto interessante, devo dire. Anche se personalmente ritengo possa essere più corretto un computer nel prendere decisioni importanti, basandosi su dati oggettivi, che non un magistrato italiano. Forse non ora, ma bisogna considerare anche possibili sviluppi tecnologici.
Più leggo l’8, più rimango perplesso. “diritto all’identità“.
Ogni persona ha diritto alla rappresentazione integrale e aggiornata della propria identità in Rete.
La sua definizione riguarda la libera costruzione della personalità e non può essere sottratta all’intervento e alla conoscenza dell’interessato.
Bene, persona, ti procuri un dominio ed uno spazio web e ti crei la tua identità. Non lo fai sul mio sito o su qualsiasi altro sito, se lo puoi fare è solo perché io lo voglio e nei limiti che io stabilisco (leggasi Wikipedia). Più che integrale ed aggiornata, come definizione di rappresentazione ci accosterei gli aggettivi reale ed oggettiva.
L’uso di algoritmi e di tecniche probabilistiche deve essere portato a conoscenza
delle persone interessate, che in ogni caso possono opporsi alla costruzione e alla
diffusione di profili che le riguardano.
Pretendo, a questo punto, un rilascio di tutti gli algoritmi di Facebook e Google.
Ogni persona ha diritto di fornire solo i dati strettamente necessari per l’adempimento di obblighi previsti dalla legge, per la fornitura di beni e servizi, per l’accesso alle piattaforme che operano in Internet.
Quindi niente più form con campi obbligatori nelle iscrizioni, ad eccezione di quelli previsti per legge? Eliminiamo il 90% di Internet, con una mossa del genere!
Punto 9, sono molto curioso, si parla di “anonimato“.
Ogni persona può comunicare elettronicamente in forma anonima per esercitare le libertà civili e politiche senza subire discriminazioni o censure.
Anonima e, permettetemi, aggiungerei “riservata“. Cosa ad oggi non possibile, comunque, quindi attuarla sarebbe cosa buona e giusta. E poi, si parla solo di comunicazioni. La navigazione e tutti gli altri protocolli non devono forse essere anch’essi anonimi?
Limitazioni possono essere previste solo quando siano giustificate dall’esigenza di tutelare un interesse pubblico e risultino necessarie, proporzionate, fondate sulla legge e nel rispetto dei caratteri propri di una società democratica.
Male. Malissimo. L’interesse della società non può prevalere sul diritto all’anonimato di Internet.
Nei casi previsti dalla legge e con provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria l’autore di una comunicazione può essere identificato quando sia necessario per garantire la dignità e i diritti di altre persone.
La pugnalata finale. Incoerente, ahimé. Non dicevamo nel punto 4 che indirizzi IP e MAC erano dati personali e come tali tutelati, su richiesta eliminati? Come potrebbe un’autorità giudiziaria identificare una persona online senza alcun mezzo per poterlo fare?
Il famoso “diritto all’oblio“, che sinceramente mi ha fatto storcere il naso per come attuato a livello europeo, è il 10° passaggio.
Questo è la stessa cosa. Affida ai motori di ricerca il ruolo censorio arbitrario, ed alla magistratura il compito di supervisionare e punire. NO!
Ogni persona ha diritto di ottenere la cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento della loro raccolta, non abbiano più rilevanza.
NO, NO e ancora NO!
Non si eliminano i contenuti che non devono rimanere online eliminando metaforicamente il libro dall’indice della biblioteca. Si elimina direttamente il libro stesso. E, in tutta sincerità, sarei contrario anche a questo… ma questi sono pareri strettamente personali.
Non è il fine ad essere sbagliato, è il metodo ad essere totalmente fuori luogo. E’ opinabile, e si presta a facili abusi. Un buon diritto all’oblio dovrebbe prevedere equità, giustizia, ma soprattutto imparzialità. Ed il resto del testo, in questo, non aiuta di certo:
Il diritto all’oblio non può limitare la libertà di ricerca e il diritto dell’opinione pubblica a essere informata, che costituiscono condizioni necessarie per il funzionamento di una società democratica. Tale diritto può essere esercitato dalle persone note o alle quali sono affidate funzioni pubbliche solo se i dati che le riguardano non hanno alcun rilievo in relazione all’attività svolta o alle funzioni pubbliche esercitate.
Dov’è finito il principio di eguaglianza di cui si è parlato nei primi punti di questo documento? Nel cesso, considerando che il diritto all’oblio fa distinzione tra personaggi a cui sono affidate funzioni pubbliche ed il resto del mondo. Tra l’altro, in maniera alquanto soggettiva ed ambigua.
Da riscrivere, completamente.
“diritti e garanzie delle persone sulle piattaforme” porta il contatore a 11.
Ogni persona ha il diritto di ricevere informazioni chiare e semplificate sul funzionamento della piattaforma, a non veder modificate in modo arbitrario le condizioni contrattuali, a non subire comportamenti che possono determinare difficoltà o discriminazioni nell’accesso.
Paradossalmente, volessi fare un sito solo per una determinata categoria di persone, un forum tematico, non potrei. Bella definizione, molto ragionata. Favorevolissimo invece quando sento parlare di interoperabilità, anche se si potrebbe ulteriormente integrare.
Ogni persona deve in ogni caso essere informata del mutamento delle condizioni contrattuali. In questo caso ha diritto di interrompere il rapporto, di avere copia dei dati che la riguardano in forma interoperabile, di ottenere la cancellazione dalla piattaforma dei dati che la riguardano.
Le piattaforme che operano in Internet, qualora si presentino come servizi
essenziali per la vita e l’attività delle persone, favoriscono, nel rispetto del principio di concorrenza, condizioni per una adeguata interoperabilità, in presenza di parità di condizioni contrattuali, delle loro principali tecnologie, funzioni e dati verso altre piattaforme.
La sicurezza in Rete deve essere garantita come interesse pubblico, attraverso l’integrità delle infrastrutture e la loro tutela da attacchi esterni, e come interesse delle singole persone.
Ancora una volta, soldi da investire per garantire l’integrità delle infrastrutture. Da cosa poi, considerando che l’infrastruttura che vogliamo proteggere risale a prima della guerra e sarebbe da far saltare in aria e rifare ex-novo? Ancora una volta, con integrità delle infrastrutture intendiamo migliorare un minimo la sicurezza degli IXP e proibire abusi come quelli emersi dal Datagate, o si tratta di una classica promessa buttata lì? Mancano l’attuazione, il metodo, i dettagli.
Leggo poi di un certo “diritto all’educazione“, numerato come 13.
La prima parte può anche starmi bene, detta tra noi: alfabetizzazione informatica, per definizione, che tra l’altro è anche quello che faccio di mestiere.
Ogni persona ha diritto di acquisire le capacità necessarie per utilizzare Internet in modo consapevole e attivo. La dimensione culturale ed educativa di Internet costituisce infatti elemento essenziale per garantire l’effettività del diritto di accesso e della tutela delle persone.
Le istituzioni pubbliche promuovono attività educative rivolte alle persone, al sistema scolastico e alle imprese, con specifico riferimento alla dimensione intergenerazionale.
E’ il terzo paragrafo a lasciarmi dubbioso.
Il diritto all’uso consapevole di Internet è fondamentale perché possano essere concretamente garantiti lo sviluppo di uguali possibilità di crescita individuale e collettiva; il riequilibrio democratico delle differenze di potere sulla Rete tra attori economici, Istituzioni e cittadini; la prevenzione delle discriminazioni e dei comportamenti a rischio e di quelli lesivi delle libertà altrui.
Non sarà la conoscenza del computer a portare ad un “riequilibrio democratico delle differenze di potere sulla Rete tra attori economici, Istituzioni e cittadini“. Sarà l’applicazione di leggi comunitarie inerenti il fisco in egual misura per tutti gli Stati membri e la lotta ai cosiddetti “VAT players” a rendere giustizia all’economia italiana, soprattutto online. Sarà la e-democracy ad abbattere quel divario esistente tra Istituzioni e cittadini. Ma sono parole: ancora una volta, non si porterà a compimento nulla di tutto questo. Meglio dire che è colpa dell’ignoranza dilagante se le cose vanno male, piuttosto che assumersi qualche responsabilità.
Concludiamo con il 14, “criteri per il governo della rete“. E con la mente ritorniamo al punto 2, con Barlow che si rivolta nel letto.
Ogni persona ha diritto di vedere riconosciuti i propri diritti in Rete sia a livello nazionale che internazionale.
Solite leggi che si applicano al di fuori del proprio territorio di competenza. Peccato che gli altri non le recepiranno.
Internet richiede regole conformi alla sua dimensione universale e sovranazionale, volte alla piena attuazione dei principi e diritti prima indicati, per garantire il suo carattere aperto e democratico, impedire ogni forma di discriminazione e evitare che la sua disciplina dipenda dal potere esercitato da soggetti dotati di maggiore forza economica.
Internet non richiede regole, in realtà. E’ la nostra società che, non in grado di adeguarsi all’avvento di Internet, richiede delle regole in merito. La disciplina di internet non dovrebbe dipendere dai soggetti dotati di maggiore forza economica, verissimo, ma nemmeno da altre entità non desiderate. State combattendo una battaglia contro i mulini a vento per la conquista del Cyberspazio.
La costruzione di un sistema di regole deve tenere conto dei diversi livelli territoriali (sovranazionale, nazionale, regionale), delle opportunità offerte da forme di autoregolamentazione conformi ai principi indicati, della necessità di salvaguardare la capacità di innovazione, della molteplicità di soggetti che operano in Rete, promuovendone il coinvolgimento in forme che garantiscano la partecipazione diffusa di tutti gli interessati. Le istituzioni pubbliche adottano strumenti adeguati per garantire questa forma di partecipazione.
In ogni caso, l’innovazione normativa in materia di Internet è sottoposta a valutazione di impatto sull’ecosistema digitale
Ancora una volta, incoerenza. Se internet è trasversale e sovranazionale, perché regolamentarlo a diversi livelli territoriali e non per come strutturalmente è concepito? Perché forzare Internet ad adeguarsi a quello che siamo, invece di adeguare noi stessi ad un mondo di condivisione ed autoregolamentazione?
La gestione della Rete deve assicurare il rispetto del principio di trasparenza, la responsabilità delle decisioni, l’accessibilità alle informazioni pubbliche, la rappresentanza dei soggetti interessati.
L’accesso ed il riutilizzo dei dati generati e detenuti dal settore pubblico debbono essere garantiti e potenziati.
Errore. La gestione della rete deve assicurare sì trasparenza, ma deve avvenire per mano della collettività nella sua interezza. Non tramite mera rappresentanza dei soggetti interessati. Che poi, esistono forse soggetti disinteressati?
La costituzione di autorità nazionali e sovranazionali è indispensabile per garantire effettivamente il rispetto dei criteri indicati, anche attraverso una valutazione di conformità delle nuove norme ai principi di questa Dichiarazione.
Non solo non è indispensabile la costituzione di nessuna autorità per Internet. Non è nemmeno gradita dai netizens.
Se concordate con il sottoscritto, dal 27 ottobre facciamoci sentire.
Con affetto.